Atto III
Grido di preghiera
Contesto narrativo
In preda all’ansia per l’imminente battaglia, Didone si rivolge alla potente dea protettrice della città. Con voce vibrante di emozione, implora Giunone di vegliare sul suo amato Enea e di proteggerlo dagli orrori della guerra.
Con passione commossa, prega la divinità di non far mai partire il suo amato da Cartagine, perché la sua partenza sarebbe come una ferita aperta nel cuore della città. Le parole di Didone risuonano nel vento, come un canto d’amore disperato, che cerca conforto nell’infinita saggezza degli dèi.
Testo
GRIDO DI PREGHIERA
Giunone, o nume fedele alla nostra città
Ascolta, ti prego
La regina della tua gente amata
Riportami a casa il mio Enea
O Signora degli dei
O sposa di Giove sovran
Il caro Enea riporta da me
Riporta da me il caro Enea
L’amato mio, l’anima mia
Ascolta l’accorato pianto mio
Porgi orecchio al pianto mio
Ascolta il pianto, o dea
D’un core amante
D’un core amante, ascolta o dea
D’amore un foco inestinguibile
O dea un così grande amor da Te
Non resti inascoltato
Salvatelo
.
Il mio Enea, il mio Enea
Ritorni da me
Ritorni fra le mie braccia
Un’altra prece, o madre
Non disdegnar da un cor amante
Che la più generosa ti può far nomar
Se è ver che Fato il vuol lontano re
Ah! O dea di Giove sposa
Se è vero il vostro imeneo
Non parta Enea, non parta Enea
O madre, ascolta la voce affranta
Del mio core amante
Rimanga qui con me tra’ baci miei
Ah! O dea dal dolce crine
Ascolta, l’amo o dea
Io l’amo, o madre
l’amo, o madre
L’amo, o madre, più della stessa mia vita
.
Se puoi parlare al re (Giove) che tutto può
Perché ei non parta
Che resti con me
Non parta Enea, che resti con me
Che resti con me
Madre ascolta il povero mio cor