Atto I
Il racconto di Enea
Contesto narrativo
La scena si apre nel palazzo della regina che risplende di luce e magnificenza. Il banchetto, organizzato con straordinaria cura dalla regina per accogliere i troiani, è un vero e proprio tripudio di opulenza.
Enea, uomo dallo sguardo fiero ed enigmatico, diviene il fulcro dell’attenzione di tutti gli ospiti. La sua imponente figura emana un magnetismo irresistibile, un’aura di avventura e mistero che lo rende affascinante agli occhi di chiunque porga lo sguardo su di lui.
La regina, desiderosa di ascoltare le gesta di quell'uomo dallo sguardo penetrante, si avvicina a lui con grazia regale e gli chiede di raccontare i dettagli della caduta di Troia e le sue peregrinazioni.
Enea, sentendo il dolore bruciante nel petto per le ferite ancora aperte della guerra, si sforza di trattenere le lacrime. La sua voce risuona solenne nel palazzo, mentre narra le ultime drammatiche vicende della guerra di Troia. Ogni parola è intrisa di emozione, e si rimane completamente rapiti dalla sua storia epica.
Didone ascolta in silenzio, le avventure affrontate da Enea, i pericoli superati e la rivelazione di un destino glorioso le fanno battere il cuore. I suoi occhi si fissano in quelli di Enea e in quel momento nasce un amore travolgente, un sentimento che supera il tempo e lo spazio.
Così, nel cuore del palazzo sfavillante, il racconto eroico di Enea si intreccia con il desiderio ardente di Didone. La regina si trova incapace di resistere a quell'attrazione magnetica che li lega, un amore che crescerà inesorabile, rendendoli protagonisti di una storia destinata a segnare per sempre il loro destino.
Testo
IL RACCONTO DI ENEA
O regina, tu mi chiedi rinnovare
Nel mio sen un ineffabile dolor,
Ma se tanto vuoi udir la rovina di Troia
Pur comincerò.
Rinnegati dai fati,
Sfiniti dalla pugna decennal,
Gli Achei apprestaro un’insidia
Ideata dall’astuto Odisseo.
Ecco gli Achei, o regina:
Dal crimine d’uno solo li conoscerai tutti!
Ecco s’appressa un’alba senza guerra,
Libera, ridente:
L’invasore l’armi depose, ritirò le navi!
Troia ovunque s’abbandona
A un dolce pianto.
.
Inver gli Achei celar le navi
A largo di Tenedo
E fuor le mura un ligneo cavallo
Adombrò il guardo:
Nell’oscuro ventre celava soldati.
Già si disse di condurlo tra le mura
Quale voto agli dei…
D’un tratto dalla rocca Laocoonte
Accorse veemente:
“Concittadini, Partiti gli Achei
Ah! Non credete, temo i Danai
Anche se portano doni”.
Lesto un dardo conficcò nel cavo legno
E subito due enormi serpi emersero dal mar,
Coi dolci figli il vecchio sacerdote divorar
E ai piedi di Minerva si posero.
.
Ciò parve giusta pena
All’atto sacrilego
E Troia sicura benedì
La novella libertà,
Si portò il cavallo entro le mura.
La notte avvolse la città,
Il legno piano s’aprì
E fieri greci sortir.
Vinte le guardie ignare
Delle mura ai varchi,
Schiusero le porte alle schiere
Dell’inganno complici esiziale, ah!
Mi destai tra il fumo, le fiamme, il clamore
Conobbi l’inganno!
“Sola salvezza ai vinti nulla sperar salvezza”
Dissi e tra le fiamme mi gettai,
Amiche le tenebre, a pugnar.
.
Fidi compagni radunai per la via,
Indossammo l’armature degli Achei:
Fummo come lupi predatori
Nella fosca nebbia,
Ciechi per una fame feroce,
Tra i dardi ed i perigli, senza pietà!
Giunti alla rocca del re,
Una schiera interminabile la circondò.
Con robusti arieti
Sfasciaro le porte.
Sollevai gli occhi, vidi la torre più alta in città
Quella spingemmo dall’alto
Sull’orda nemica,
Seco trascinando
un ampio stuolo
Nell’Ade…
.
Ma fur troppo numerosi
E le porte del palazzo spalancar.
Gemiti orribili dagli atri della reggia
Ferivan l’auree stelle…
Entraro gli Achei nel palazzo,
Le donne abbracciate agli stipiti
Su cui imprimaro baci…
Ogni speme svanì.
La dolce madre mia
Apparve agli occhi miei
E mi condusse via
Da quel pietoso orror,
Giunsi alla soglia paterna.
Presi mio padre sulle spalle,
I sacri penati,
Mia moglie Creusa e mio figlio Iulo.
.
Venere ci guidò fuori dalla città.
Creusa… dov’è Creusa?
Con noi più non v’è, ah!
Ripercorsi la strada,
Tornai alla rocca, alla casa,
Gridai il nome di Creusa
A costo di morir!
Ella a un tratto m’apparve,
Un nuovo regno predisse, novella sposa.
Tre volte provai a cingerle il collo,
Ma invano.
Tornai allora dal padre,
E vidi che accorsero in molti
Dal rogo di ilio.
Giunta allor la primavera
Le vele spiegammo ai fati,
.
In terre remote fondammo alcune città.
Ma i fati da noi esigon altro:
La terra d’Esperia, l’Italia.
Dirigendo la rotta, o regina,
Naufragammo in quest’ore.